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Considerato nell’insieme, l’uomo è l’essere
meno teleologico che vi sia. Ad un estremo
della sua esistenza egli segue impulsi ciechi
che non sono più, come per l’animale, totalmente
finalistici, bensì sono deviati, senza
orientamento e distruttivi fino alla follia,
grazie ai mezzi messi a loro disposizione
dalla nostra teleologia. All’altro estremo egli
è al di sopra di qualsiasi teleologia.
Georg Simmel
La filosofia del denaro e la sociologia della grande metropoli sono i riferimenti più noti tra i quali si è orga-nizzata la riflessione di Georg Simmel (1858-1918) sulla modernità. Essi non sono tuttavia gli unici. L’intellettualizzazione progressiva delle forme sociali e l’incremento abnorme della vita nervosa sullo sfon-do dell’economia monetaria e della vita metropolitana hanno visto l’autore, sulla soglia quasi simbolica del primo conflitto mondiale, rivolgere a Goethe un ultimo sguardo filosofico e umano carico di partecipazione e velata speranza. La fisionomia del grande poeta tedesco, pur colta a partire da un determinato momento sto-rico, sociale e culturale, si metamorfizza allora nelle mani di Simmel in un mito senza tempo: un’altra e forse ultima possibilità, insieme storica e ideale, di perfetta integrazione tra l’uomo e il suo mondo, la vita e la forma, la ricezione e la donazione. Ciò che Simmel ha altrove definito la “tragedia della cultura”, il conflitto mortale tra il fiume della vita e le sue cristallizzazioni specifiche, non trova spazio per svilupparsi nel mera-viglioso equilibrio, insieme poetico ed esistenziale, della fisionomia goethiana. Il presente studio prende le mosse dal fittissimo dialogo intessuto con Goethe per mettere il mito esistenziale costruito da Simmel alla prova della modernità, con le sue strutture economiche e tecno-scientifiche. Fedele all’ispirazione più pro-fonda dell’autore, esso si cala nel suo tema per superarlo verso una riflessione più comprensiva sul significa-to della “vita” e delle “forme” nella contemporaneità.