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Ciò che segue è scritto con amore e nostalgia: amore per quanto un tempo esisteva e nostalgia per quanto oggi così a fatica si riesce a distinguere. Ciò che si riferisce al passato viene riportato con il rispetto che suscitano i ricordi; ciò che tocca il presente viene presentato con il sospiro che crea la nostalgia della verità. Niente, però, è scritto con un’intenzione critica. Il testo non giudica né uomini né scelte concrete. Per questo neppure propone. Non vuole affatto approfondire. Semplicemente si ferma alla presentazione epidermica di ciò che uno vede, di ciò che uno osserva. Di ciò che umilia senza offendere e consola senza fare insuperbire. E conserva la memoria vivificante di ciò che la Montagna era e di ciò che per sempre dovrà restare.
Il testo cerca, con rispetto, di fare emergere dal passato eventi e persone che rispecchiano il suo lato invisibile ma vero. Il presente causa una nostalgia che ferisce. Il passato genera una consolazione che rianima. Con il trascorrere degli anni, quanto più salgono i record nell’atletica leggera, tanto più scendono le prestazioni in quella spirituale. Non è che non vogliamo. Semplicemente i vecchi potevano assai di più. Per questo noi, da essi, impariamo meglio.
Queste pagine vogliono destare il bisogno di salire “sulla montagna del Signore”. Tale salita non è riservata agli aghioriti, ai monaci: è per ogni uomo, per ogni credente. La santa Montagna non è “inviolabile”! Possiamo tutti salirla. Possiamo starle dinanzi solo se rifuggiamo dalla logica delle spiegazioni e delle interpretazioni. Possiamo avvicinarla solo se ci sganciamo dalla psicologia delle giustificazioni e delle attenuanti. Possiamo farne viva esperienza solo se percepiamo la povertà delle vicende nostre e dell’epoca nostra come povertà personale e inquietudine pungolante. Possiamo salirla solo se capiamo che la santa Montagna non è un oggetto per gli occhi, ma per lo spirito!