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Il saggio di Emiliano Bazzanella parte da un’affermazione di Jacques Lacan in apparenza laterale, quasi fatta di sfuggita: “la scrittura delle piccole lettere matematiche è ciò che fa da supporto al reale” cioè esemplifica l’aforisma altrettanto enigmatico “non c’è Altro dell’Altro”. In effetti questa frase non sembra aggiungere nulla a quelle che sono le nostre opinioni più consolidate e cioè che la matematica è lo strumento privilegiato attraverso il quale la scienza cerca di descrivere il mondo e che rappresenta un linguaggio molto più affidabile di quello naturale. Eppure, quando ci interroghiamo sulle ragioni di questo utilizzo, non riusciamo ad evitare l’inciampo nel funzionalismo (la matematica funziona sempre) o nella metafisica (i numeri sono reali e l’universo è costruito matematicamente).
Attraverso l’incrocio delle riflessioni di Lacan, mutuate anche da autori come Badiou e Žižek ad esempio, con pensieri sovente eterogenei come quello di Wittgenstein, oppure di Derrida, Bazzanella tenta invece di percorrere quella via fenomenologica nello studio della matematica, abbozzata ma subito abbandonata da un giovane Husserl. È insomma dal fenomeno inteso nel modo più generico come “relazione” che dobbiamo partire per comprendere come la matematica non descriva una realtà strutturata matematicamente, ma rappresenti semmai il nostro rapporto con essa.
Da questa semplice ipotesi derivano “a cascata” conseguenze paradossali: la matematica non dice nulla, cioè non significa cose, oggetti o categorie ma “riguarda” pure relazioni; non costituisce affatto il paradigma della razionalità ma semmai è un “saper fare” con il non-senso; è tanto una finzione o una costruzione, quanto una realtà in sé autonoma, cioè produce un allontanamento dalla realtà ma pure un “ritorno” e un avvicinamento ad essa; è un linguaggio che non è assimilabile a quello naturale, anche se deve esserne supportato; non implica per nulla un’eclissi del soggetto, ma articola semmai processi di soggettivazione e assoggettamento; non si rapporta direttamente al reale, ma lo approssima in quanto costituisce una forma di immunizzazione del nostro rapporto con esso (rapporto che a sua volta si esplica come un “cumulo” di relazioni); è etica ed estetica allo stesso tempo.