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Il cosiddetto transumanismo ha origine lontane. Probabilmente dalla fascinazione che l’uomo da millenni ha avuto per se stesso e le sue creazioni, a partire dal mechané della Grecia classica e dalle prime esperienze ingegneristiche mesopotamiche. Questo anelito già presente nell’ellenismo, si sviluppa decisamente nella tradizione sensistica dell’Illuminismo in cui l’ “uomo macchina” era nello stesso tempo un ideale da raggiungere e un modello con cui spiegare il funzionamento fisiologico degli esseri viventi. Nel Novecento, tuttavia, questo anelito ha cambiato forma e da Heidegger, dall’antropologia filosofica e dall’eugenetica per arrivare alle prime ipotesi cibernetiche e computazionali, ha assunto un connotato biopolitico. La macchinazione è divenuta il fine da raggiungere per alleviare l’individuo dalle fatiche del lavoro e per garantirgli una vita migliore e più lunga. Per certi aspetti questo ideale è già preconizzato da Marx: in una società comunista tutto il lavoro sarebbe stato svolto dalle macchine e la tecnica avrebbe definitivamente confermato un concetto materialista dell’esistenza. Le domande che ci dobbiamo porre oggi riguardano però la compatibilità dello sviluppo tecno-scientifico con le attuali emergenze antropologiche: possiamo pensare ad una società digitale di non-lavoratori quando i sistemi politico-sociali sono rimasti quelli tradizionali e quando l’incremento demografico si profila come una delle questioni aperte per l’umanità del futuro? E possiamo pensare, in un’epoca di crisi ambientale e politica, a un universo globale composto da apparati cibernetici e digitali che consuma energia e continue risorse naturali? L’ipotesi transumanista si muove verso la totale desoggettivazione dell’individuo, ovvero verso una modalità di alienazione mai sperimentata sino ad oggi dall’umanità. Ciò che si nasconde dietro all’ipotesi, ad esempio, di un upload della nostra mente in un computer come emblema dell’immortalità digitale, è sempre il medesimo paradigma tanatologico che ha attraversato le eugenetiche e le biotecnologie rudimentali dell’epoca nazista.