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Queste venti tesi sulla politica sono dirette innanzitutto ai giovani, a coloro che devono comprendere che la nobile funzione della politica è un compito patriottico, comunitario, appassionante. È vero che l’attività politica si è in larga misura corrotta, in particolare nei paesi post-coloniali, perché le nostre elite politiche da 500 anni hanno governato per realizzare gli interessi delle metropoli di turno (Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra e oggi Stati Uniti). Considerare quelli che stanno in basso, la comunità politica nazionale, il popolo dei poveri, degli oppressi, e degli esclusi, è compito che trova scarsa stampa e poco prestigio.
Per questo, di fronte alla recente esperienza latinoamericana di una certa “Primavera politica” che si sta sviluppando a partire dalla nascita di molti nuovi movimenti sociali (come le “Madres de Plaza de Mayo o i piqueteros, o i Sem Terra, i cocaleros, la mobilitazione indigena di Ecuador, Bolivia, Guatemala, e tanti altri) riuniti nel Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre, e a partire dall’inattesa elezione di Néstor Kirchner, di Tabaré Vázquez, di Luiz Inacio “Lula” da Silva, di Hugo Chavéz, di Evo Morales*, e della perenne e proverbiale figura del “nonno” Fidel Castro (che come la Vecchia Viscaccia** del Martín Fierro, e come la volpe, “ne sa più come vecchio che come volpe”), tra di questi non si deve dimenticare la figura simbolica del Sub-Comandante Marcos, tra tanti altri segni di speranza, dobbiamo cominciare a creare una nuova teoria, un’interpretazione coerente con la profonda trasformazione che i nostri popoli stanno vivendo.
La nuova teoria non può rispondere ai presupposti della modernità capitalista e colonialista esistente da 500 anni. Non può partire dai postulati borghesi, ma neanche da quelli del socialismo reale (per la sua impossibile pianificazione perfetta, per il circolo quadrato del centralismo democratico, per l’irresponsabilità ecologica, per la burocratizzazione dei quadri dirigenti, per il dogmatismo avanguardista della sua teoria e della sua strategia, ecc.). Ciò che sta avvenendo è una nuova civilizzazione transmoderna, e per questo transcapitalista, oltre il liberalismo e il socialismo reale, dove il potere era un esercizio di dominazione, e dove la politica si è ridotta a una amministrazione burocratica.
La “sinistra” (quel posto occupato da gruppi progressisti in una delle assemblee della Rivoluzione francese) esige un completo rinnovamento etico, teorico e politico. La sinistra ha governato dai Comitati Centrali o come opposizione. Passare alla responsabilità democratica politica di esercitare un potere obbedienziale non è un compito facile; è intrinsecamente partecipativa; senza avanguardismi; avendo appreso dal popolo il rispetto della sua cultura millenaria, delle sue narrazioni mitiche dentro le quali ha sviluppato il suo pensiero critico, le sue istituzioni che devono costituire un nuovo progetto.
Il secolo xxi esige una grande creatività. Anche il socialismo, se ha ancora qualche significato, dovrà svilupparsi come indica Evo Morales, anche come una “rivoluzione culturale” (che non è affatto quella della Cina del 1966). È arrivata l’ora dei popoli, degli originari e degli esclusi. La politica consiste nel avere “ogni mattina un orecchio da discepolo”, affinché coloro che “comandano comandino obbedendo”. L’esercizio delegato del potere obbedienziale è una vocazione alla quale si richiama la gioventù, senza clan, senza correnti che perseguono i loro interessi corrotti, e sono corrotti perché lottano per interessi di gruppi e non di tutti (per il partito, per il popolo, per la patria, per l’America latina, per l’umanità).
Inoltre, queste 20 Tesi poste a un livello astratto dovranno ottenere, con il loro sviluppo successivo, maggiore concentrazione. Così la tesi 1 e la 9 sono le più semplici, astratte e fondamentali, sulle quali si costruisce il testo. Come indicava Marx, “c’è da passare dall’astratto al concreto”. Le tesi dall’11 al 20 sono più complesse e concrete, poiché costituiscono la contraddizione che suppone che il popolo prende la parola ed entra in azione come un attore collettivo. In futuro, nuove tesi dovrebbero porre questi livelli a un grado ancora più alto di complessità e di concretezza, prendendo in considerazione l’integrazione del tema coloniale, postcoloniale, le metropoli e l’impero, e la lotta di liberazione contro queste forze internazionali, a partire dalla pluralità multiculturale. Altre tesi sarebbero ancora possibili, dove, a una complessità massima, entrano in gioco i processi di dominazione e di alienazione per tutti i livelli, e quando i principi normativi possono confrontarsi e si deve scegliere alcuni rispetto ad altri (con inevitabile incertezza), e questo perché i popoli non agiscono come soggetti puri, bensì come blocchi contraddittori, che nella storia frequentemente tradiscono le loro rivendicazioni più profonde. Come popoli interi hanno potuto scegliere Hitler, o G. W. Bush o governi come quelli di Menem o Fujimori (dato che quello di Salinas*** non è stato eletto, bensì ha rappresentato una volgare usurpazione)?