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Breviario d’autunno racconta un’esistenza ed è un libro esistenzialista. Un’esistenza racchiude molte esistenze. Alla ricerca dei luoghi della sua esistenza, Glauco costruisce l’utopia di se stesso. E la storia di un’anima inquieta: una storia meditativa che mette il problema del tempo in primo piano e quello del confine fluido tra realtà e possibilità, sullo sfondo di una solitudine 'creativa'. Dentro la storia del protagonista, scorrono altre storie in cui il disagio del mondo così-com’è incontra ‘superamenti’ di molti tipi, che spostano gli eventi verso un altrove in cui immaginazione e poesia diventano ‘vera’ realtà, ordinario e straordinario si incontrano, individuo e società si inseguono.
Il tema del tempo diventa il tema del significato. La domanda di relazioni durature e tuttavia 'trascendenti', mediata da amori 'impossibili' per una pratica affettiva 'normale', va incontro alla sofferenza di 'cadute' successive che non dissuadono dal desiderio di una meta di pacificazione. Il legame tra amare ed essere è appunto essenziale.
Alla conclusione del testo prende via via corpo un motivo 'insensato', una teoria del nostos, che accoglierà nel ritorno sulle vie del passato il protagonista, liberatosi dal mondo ma non dall'inquietudine.
Per quanto la storia di un'anima abbia vie di uscita solo apparenti e rimanga sostanzialmente sempre uguale a se stessa, il testo delinea contesti di esperienza diversi, e sviluppa delicate variazioni sul tema della coscienza, affidate alle note vagabonde del diario.
Il primo capitolo introduce il disagio del protagonista. Nei due capitoli seguenti vengono proposti, in una forma di flash back semi-onirico, i quadri caotici e le tensioni inconcluse della sua socializzazione: in base alla tesi che noi siamo la nostra infanzia.
Nei capitoli successivi, il percorso seguito definisce una biografia densa di passione, ma anche di mistero, che viene temporaneamente svelato per riprodursi appena dopo.
Lo sguardo nomade e la vocazione razionalistica del protagonista non impediscono la continua stimolazione di emozioni. L’andamento per quadri – virtualmente filmico – ha, infine, l'effetto di popolare il testo di personaggi e ambienti che contribuiscono alla definizione di quel set di atti e fatti, di guadagni e perdite, di esordi e di congedi, e anche di illusioni e delusioni, di pause e di attese, che spesso chiamiamo destino.
Motivazione della Giuria
Ricordate l’Ulisse di Joyce? Tra l’altro il 21 ottobre 2021 ne è uscita una magnifica traduzione di Alessandro Ceni per Feltrinelli.
Era l’odissea quotidiana dell’Ulisse moderno, dell’uomo novecentesco protagonista di una vita apparentemente normale. Ora nel romanzo Breviario d’autunno di Mario Aldo Toscano facciamo i conti con un altro personaggio mitico che dà il nome al soggetto e all’oggetto della narrazione: Glauco.
Chi era Glauco? Dobbiamo riandare con la memoria all’antico personaggio, prima di iniziare la lettura della sua nuova storia.
Glauco nacque come mortale e visse come pescatore nella città di Antedone, un giorno si accorse che alcuni pesci dopo essere stati pescati, avendo mangiato una particolare erba, ritornarono a vivere. Allora decise di assaggiarla e anche lui divenne immortale ma ebbe una metamorfosi: i piedi divennero pinne ed ebbe la coda di pesce al posto delle gambe, così fu costretto a rimanere per sempre nel mare. Glauco inizialmente fu sconvolto da questa trasformazione, ma Oceano e Teti lo accolsero tra le divinità del mare e gli insegnarono l'arte della profezia. Il filosofo bizantino Tzetzes aggiunse alla leggenda il fatto che Glauco divenne immortale ma non immune all'invecchiamento.
Anche il Glauco di Toscano è sopraffatto dal rapporto con la mortalità e con l’immortalità, dal problema della metamorfosi e dell’invecchiamento: dell’autunno, appunto, evocato sin dal titolo.
Se il mito classico è la spina dorsale del romanzo, è il mito della letteratura tout court che ne costituisce il resto del corpo. Fin dal primo capitolo Glauco appare un uomo agitato in guerra con se stesso, esprime la sua tensione interiore attraverso il silenzio e un fare provocatorio. Ha una donna accanto e lei si chiama Adelma, un nome che ci inquieta, perché tale è il nome della città dei morti in un libro memorabile di Italo Calvino, Le città invisibili. Glauco e Adelma ci dice Toscano “vivono insieme la loro solitudine condivisa”, una asserzione che esprime tutta la sua abissale profondità se letta con le lenti dell’evocazione mitopoietica subito adoprate da Toscano.
Col secondo capitolo, attraverso il fenomeno della rêverie, magistralmente sondato da Gaston Bachelard, Toscano ci porta nell’infanzia di Glauco, una vita felice eppure densa di fragilità e di timori, l’amore per la famiglia, l’importanza della scuola: “l’infanzia – scrive l’autore – è il luogo definitivo della propria favola. Ed è un rifugio sempre” (p. 37). Già dalla fanciullezza il protagonista mostra un occhio critico, uno scollamento dalla vita sociale, un’attrazione/repulsione così come essa si viene evolvendo dalla seconda metà del secolo scorso. Sotto gli occhi del lettore si intrecciano le vicende private del protagonista: il servizio militare, il percorso universitario con gli eventi della storia: dalla guerra dei sei giorni, alle contestazioni studentesche iniziate nel 1968, alla guerra del Vietnam.
Come ha sottolineato il prof. Bonsera, il testo propone un modulo narrativo originale, già sperimentato dall’autore in altre opere, che coniuga realtà e possibilità in un intreccio di grande efficacia metamorfica o trasfigurativa. Nel “Breviario”, di cui non deve sfuggire la connotazione ‘religiosa’, il racconto di un’esistenza è il racconto di molte esistenze, di un’esistenza plurale, e la biografia incontra la storia accogliendo il respiro collettivo delle atmosfere e delle emozioni. Connessioni naturali tra la prosa, la poesia, la musica permettono di offrire variazioni ermeneutiche nell’ordine di una meditazione non convenzionale e di grande seguito introspettivo sulle nostre vite sulle quali veglia un altrove inestinguibile. È in altri termini una filosofia sia dentro che alle spalle dell’opera.