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IL METALLO DEL DISONORE

Che cos'è l'uranio impoverito

Prezzo: €16,00 / Prezzo di listino: €20,00
SCONTO DEL 20% SENZA SPESE DI SPEDIZIONE
Formato: 135x215, 288 pagine / Dicembre, 1999 / ISBN: 9788886969260
Traduzione di: 
Floriana Pagano

“Se l’uranio impoverito accede all’interno dell’organismo umano, possono verificarsi gravi danni di salute. Il rischio implicato da questo materiale per il corpo umano è di natura sia chimica che radiologica”. U. S. Army Environmental Policy Institute.

Questo libro, scritto da un gruppo di eminenti scienziati, veterani della guerra del Golfo e attivisti antinucleari, antimilitaristi e pacifisti, spiega che cos’è l’uranio impoverito, come è stato usato nella guerra del Golfo, nell’ex Jugoslavia e in Kosovo e quanto gravi siano le sue conseguenze cliniche e ambientali.

Gli autori trattano l’argomento da vari punti di vista ricercando le possibili strade per bandire l’uso di questo materiale altamente tossico e indagando sugli stratagemmi adottati dal Pentagono per mettere a tacere le proprie politiche di riciclaggio in guerra delle scorie radioattive e il rischio cui sono esposti tanto i suoi militari quanto le popolazioni delle aree colpite dai proiettili in uranio impoverito.

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Gentile Redazione,

chi scrive è Domenico Leggiero, Presidente dell’Osservatorio Militare e responsabile dell’Associazione “Vittime dell’uranio impoverito” (https://www.facebook.com/groups/vittimedelluranioimpoverito/).

Prendiamo atto dell’articolo pubblicato oggi (leggi qui) in merito ad un appuntamento che vedrebbe coinvolto una “vittima dell’uranio impoverito”, a tal proposito si precisa quanto segue:

Le vittime dell’uranio impoverito non sono mai state riconosciute dall’Amministrazione Militare;

Le vittime dell’uranio sono coloro affette da patologie tumorali e nessun’altra patologia è al momento dimostrata connessa all’esposizione dal punto di vista scientifico;

Le vittime dell’uranio hanno svolto almeno un ciclo di missione nei vari teatri operativi in cui è stato utilizzato munizionamento all’uranio impoverito;

Le vittime dell’uranio impoverito sono state costrette a rivolgersi alla Magistratura per ottenere sia gli indennizzi che i risarcimenti;

Nessuna vittima dell’uranio impoverito è stata inserita nel ruolo d’onore delle FFAA ed al momento le vittime sono 360 ed i malati 7500;

Nessuna vittima dell’uranio è stata mai coinvolta in situazioni vendita, consumo e/o utilizzo di sostanze dopanti;

Le sentenze di Cassazione e le altre 136 sentenze di condanne sono state ottenute dal legale dell’Osservatorio Avv. Angelo Fiore Tartaglia.

Vi inviamo tutta la documentazione pubblica in merito e ringrazio se, alla luce del buon nome delle azioni legali e del prosieguo della battaglia che le vere vittime stanno conducendo sarete così gentili da precisare quanto sopra specificato.

Cordialità

Domenico Leggiero

20 FEB 2020

Presentazione dell'Associazione Nazionale Vittime dell'Uranio Impoverito (ANVUI)

CONFERENZA STAMPA | - Roma - 16:00 Durata: 40 min 10 sec

A cura di Delfina Steri

Organizzatori: MoVimento 5 Stelle

Conferenza stampa promossa Giovanni Luca Aresta, Deputato del MoVimento 5 Stelle e componente della Commissione Difesa.
Il 31 dicembre 2019, per iniziativa di un gruppo di vittime e familiari di vittime ammalatesi a causa dell'esposizione all'uranio impoverito, è stata fondata l'ANVUI (Associazione Nazionale Vittime dell'Uranio Impoverito).
L'Associazione nasce con lo scopo di assistere, guidare e tutelare coloro che siano affetti da patologie oncologiche o siano deceduti per tali patologie, abbiano prestato servizio nelle Forze Armate, abbiano operato in territori contaminati, siano stati impiegati nei poligoni nazionali ed internazionali, e i loro familiari, i civili che abbiano operato all'interno dei poligoni internazionali in Sardegna, i civili (o familiari diretti) che abbiano contratto patologie oncologiche alla cui origine vi sia l'intossicazione da metalli pesanti prodotta da esplosioni belliche.

7500 AMMALATI E 366 MORTI. NEL SILENZIO I NOSTRI SOLDATI CONTINUANO A MORIRE DI URANIO IMPOVERITO.

DI ALESSIA LAUDATI    11 GIUGNO 2019

Dalla fine degli anni Novanta, soprattutto dopo aver partecipato alle missioni di peacekeeping nei Balcani, migliaia di membri dell’Esercito italiano hanno cominciato a sviluppare patologie tumorali, apparentemente per motivi inspiegabili: 366 sono morti e 7500 si sono ammalati negli ultimi due decenni, secondo i dati del centro studi Osservatorio militare. La causa presunta è l’uranio impoverito, un metallo pesante utilizzato in ambito militare per la fabbricazione di munizioni e proiettili e che può rivelarsi tossico per l’organismo umano. L’uso di proiettili e blindature all’uranio non è però vietato da nessun trattato internazionale, nonostante se ne conosca da tempo la potenziale pericolosità e in diverse occasioni le Nazioni Unite abbiano espresso preoccupazione riguardo ai rischi per militari e civili. 

L’Italia ha sempre negato di aver utilizzato equipaggiamenti che lo contenessero, ma l’uranio impoverito era comunque presente nei teatri di guerra, come nei Balcani, dove operavano le forze armate italiane insieme al contingente internazionale. È noto che la Nato abbia utilizzato bombe all’uranio impoverito in Bosnia, nei raid del 1994 e del 1995, e in Kosovo nel 1999. Per spiegare la contaminazione dei nostri militari, l’ipotesipiù accreditata dall’Istituto Superiore di Sanità e dalla relazione della commissione parlamentare d’inchiesta del 2006 è che l’uranio, quando colpisce determinate superfici come le corazzature dei carri armati o dei depositi di munizioni, si polverizza fino ad assumere le dimensioni di nanoparticelle. Questi corpuscoli sarebbero in grado di mescolarsi all’acqua e all’aria dei territori colpiti dai bombardamenti con munizioni all’uranio. Nel 1999, quando cominciarono a emergere dubbi sulla pericolosità dell’utilizzo dell’uranio impoverito nei teatri di guerra, l’opinione pubblica, la politica e gli attivisti di Peacelink cominciarono a chiedere maggiore vigilanza sulle missioni all’estero e risposte sull’incolumità dei militari. 

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