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La pubblicazione di questi articoli, come COVID-19 e la catastrofe del debito delle corporation in arrivo di Joseph Baines e Sandy Brian Hager, La lotta di classe nell’epoca della finanza moderna di Julius Krein, un commentatore che pubblica regolarmente su America Affair, è utile per introdurre nel dibattito una immagine del capitalismo moderno degli Stati Uniti che non viene assolutamente presa in considerazione dalla stragrande maggioranza degli osservatori del vecchio continente anche da quelli ritenuti più affidabili. Krein presenta un quadro della cosiddetta “finanziarizzazione” che risulta interessante nelle sue caratteristiche generali ma i presupposti avanzati per spiegare la dinamica della finanza speculativa non sono così precisi anche se il risultato d’insieme è efficace. Negli Stati Uniti, il saggio di profitto in questo decennio è aumentato, in parte grazie al ristagno dei salari, ma questo aumento è dovuto quasi esclusivamente al successo delle corporation al top del 10%, mentre i margini di profitto delle imprese nella metà inferiore sono rimasti per lo più in territorio negativo come dimostra l’articolo di Joseph Baines e Sandy Brian Hager. Resta il fatto che i bilanci aziendali sono pericolosamente fragili ed in tutte le principali economie, sono aumentate le preoccupazioni relative all’aumento del debito societario.
La “guerra di classe” assume di conseguenza dei connotati nuovi rispetto ai tanto mitizzati anni ‘70, infatti il prodotto di questi tempi è la lotta contro ogni forma di sottoproletariato del proprio paese e straniero proprio per la paura che hanno i lavoratori di “scivolarci dentro” ma soprattutto perché li considerano, assieme ai dipendenti statali, dei parassiti che sottraggono reddito e benefit (anche sotto forma di welfare) a coloro che “faticano per sbarcare il lunario”. Infine nell’articolo Quali sono gli elettori di Obama che hanno fatto “un voltafaccia” a favore di Trump? Quali non lo hanno fatto? e Perché? Andrew Klimann dimostra che la narrativa anti-neoliberista della “sinistra” sulle elezioni del 2016 è sicuramente imprecisa ed ha identificato due motivi principali per cui il “volta faccia” verso Trump non può essere definito in maniera corretta come una ribellione della classe operaia contro le difficoltà economiche imposte dal neoliberismo. Questa analisi di Kliman risulta utile facendo il confronto con l’articolo recente di Michael Roberts Elezioni americane: donne, giovani, classe operaia, le città e le minoranze etniche si liberano di Trump che hanno visto contrapposti il democratico Biden e il presidente in carica Trump. L’autore propone un’analisi empirica delle dinamiche del voto che mostra il caos in cui è caduta la maggiore economia mondiale con la pandemia COVID che si scatena in tutto il paese e l’economia in ginocchio con milioni di disoccupati, salari ridotti e servizi pubblici paralizzati.
Col rallentamento dell’accumulazione di capitale negli ultimi anni in Cina, le lotte portate avanti dai lavoratori iniziano a spostarsi geograficamente e subiscono una trasformazione delle loro forme. Sulla base di analisi empiriche dettagliate, l’articolo di Zhun Xu e Ying Chen Lo spostamento nel territorio delle lotte dei lavoratori in Cina: prove ed implicazioni pone in evidenza un trasferimento territoriale dei conflitti del lavoro dalle regioni costiere a quelle interne.
Quando guardiamo alla Storia del Movimento Operaio Giapponese (Alì Alper Alemdar) nelle varie fasi, possiamo osservare chiaramente che le differenze ideologiche nei sindacati sono determinanti nei momenti di rottura nella storia del lavoro di questo paese. la cooperazione tra i sindacati d’impresa e la classe capitalista attraverso il sostegno statale ha favorito la stabilità dell’economia e un maggiore benessere nelle condizioni di vita dei lavoratori. Tuttavia, non sappiamo ancora ciò che causerà, in futuro la recessione in corso, sommata all’effetto della crisi economica globale sul Giappone. La storia stessa ci mostrerà la strada che prenderà il movimento operaio giapponese del futuro.