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È assolutamente vero, per quanto possa sembrare temerario, che con Cristo non assistiamo soltanto alla fine della storia, ma altresì – già lo abbiamo rilevato – alla fine della religione; che Cristo non è venuto a liberare gli uomini esclusivamente dal demoniaco e dall’impasse della storia, ma anche dai vuoti e dalle paure delle religioni. L’Incarnazione è il miracolo – un autentico terremoto – che dai cosiddetti valori religiosi ci introduce nella regola della fede. È il tremendo mistero che fa sussistere la fede al posto della religione o che dà carne alla Chiesa come risposta della fede all’eterna domanda in ordine alla salvezza. È un fatto tragico che tali realtà magnifiche vengano esposte a tentazioni eretiche, o almeno ad analisi e a ricerche legate alla scienza delle religioni e condotte dall’intellighenzia religiosa: con l’Incarnazione, infatti, gli uomini non fanno più scienza delle religioni ma teologia, ossia non si mettono a curiosare ma profetizzano; un mutamento, questo, che la Chiesa è chiamata a difendere. E fanno teologia perché hanno la fede – la fede è il fondamento della teologia – o perché la loro fede è Cristo, il solo Teologo «in quanto mostra in sé il Padre e lo Spirito Santo»78.