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La teoria della Mente descrive la capacità di attribuire stati
mentali ad altri, ed è stata a lungo considerata unica agli
umani. Ma in uno studio recente è stato analizzato il comportamento
di bonobo, scimpanzé ed urangotan che osservavano
filmati di umani che svolgevano alcune funzioni
(tipo: cercare oggetti in scatole dei quali gli umani ignoravano
il contenuto, mentre le scimmie lo conoscevano). I
volti dei primati venivano filmati di nascosto. Dalle loro
espressioni, dai loro cambiamenti e dai movimenti dei loro
occhi se ne potevano definire alcuni pensieri, tipo: delusione,
partecipazione affettiva e, soprattutto, anticipazione
e volontà di empatia. Una delle conclusioni dello studio è
che gli animali erano coscienti che gli umani potevano pensare
in modo sbagliato, partecipando emotivamente.
Un altro studio ha analizzato l’aiuto che quei primati potevano
(sapendo in che scatola era la banana, e sapendo come
aprirla) fornire ad umani ignari che dovevano fare la stessa
cosa. Il risultato sorprendente è che le scimmie volevano
aiutare gli umani, che capivano quando questi stavano per
sbagliare, e che le loro performance in questo test somigliavano
da vicino a quelle di un bambino di 16 mesi. Questo
mostra che le scimmie hanno una qualche rappresentazione
mentale di cosa pensa un’altra persona. Ovvero: leggono
la mente.
Fino a che punto la comprensione del pensiero altrui che
hanno le scimmie somiglia a quella umana? La domanda è
parziale e mal posta. Più correttamente: fino a che punto
gli umani comprendono il pensiero altrui? O, più semplicemente,
pensando al mio pensiero: fino a che punto io mi
comprendo?