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χάριν δὲ θανάτου πάντες ἂνθρωποι πόλιν ἀτείχιστον οἰκοῦμεν. [Gnomologium Vaticanum Epicureum 31]
Mentre la tanatologia contemporanea (Death Studies) discetta intorno all’oltrepassamento della morte e proietta l’esistenza nelle distese della “postmortalità” e della “amortalità”, Ella, irriverente e irriverita, fracassando le tenebre notturne, irrompe sotto la specie di autocarri militari allineati lungo i viali della città, impossessandosi delle nebbie della narcosi disposofobica, ove la occultano sia l’esibizione psicotica del vitalismo sia la schizofrenia collettiva nascente dalla contemperanza di rimozione e di iconolatrica bulimia della morte medesima.
Ella disvela i fattizi simulacri eudemonici del saeculum disgiuntosi dalla religio, impone rallentamento e sosta, obbliga a dimorare là dove s’installa fin dall’attimo iniziale dell’esistenza, accompagnandoci verso la soglia che inesorabilmente sarà da varcare.
Tolto l’ostacolo dell’arresto e dell’indugio (mora), ogni vivente avverte la propria collocazione entro spazi che ne configurano lo stato di ospite lungo un percorso che lo conduce al passaggio che non può non avvenire, all’attraversamento che spalanca orizzonti nuovi: gettare lo sguardo oltre, è fondamento della presa in carico della costituiva finitezza dell’esistenza umana, della Türsituation di chi sta sulla soglia di casa, contestualmente dentro e fuori, di qua e di là.