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PAROLAZZE AL SAN MARCO

Parolazze con due z, perché un triestino non ammette regole serie

Prezzo: €13,50 / Prezzo di listino: €15,00
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Formato: 210x210, 48 pagine / Maggio, 2020 / ISBN: 9788893131698
Autore: 

"One of his students, Giuseppe Venezian, claims that the Irishman began one of his courses by saying: 'Per prima cosa vi insegno le parolacce perché se no non le imparerete mai'." (Vittorio Foa. "Il cavallo e la torre: riflessioni su una vita". Torino, Einaudi, 1991. p. 28)

 

Questa raccolta di epiteti triestini parte da James Joyce e non vuole essere un dizionario di espressioni dialettali: è la stona di come nasce un'idea, di cosa diventa e cosa c'è in essa per ognuno di noi. É la mia storia di grafico che, chiamato a creare la comunicazione del Bloomsday del 2018, la festa internazionale in onore di James Joyce, celebrata ogni anno il 16 giugno, sente la chiusura di un cerchio aperto trent’anni prima.

Il 17 gennaio 1987, la mia famiglia acquista la casa che fu abitata da Joyce, senza conoscerne la storia. Dieci giorni dopo mi trasferisco a Milano per spendervi la maggior parte della mia vita. Ritorno nel 2017 a Trieste, desideroso di ritrovare orizzonti familiari e mi ritrovo pervaso da un senso di esilio. Mi consolo, e penso che, in fondo, in tanti si sono dolcemente arenati qui. Massimiliano I, Joyce, Burton (che dopo aver scoperto l'Alto Nilo traduce qui Le Mille e Una Notte), il barone Revoltella che sceglie Trieste e guarda verso Suez: personaggi che hanno fatto del loro esilio una nuova nascita.

Joyce finisce per amare Trieste, qui arriva insegnante d'inglese e rinasce scrittore, sempre qui le sue idee iniziano a prendere forma e ordine, facendo compiere una rivoluzione alle parole di ogni lingua che ha parlato e scritto. Ridendo, nel farlo, come un giocoliere che ha trovato un nuovo trucco, con la naturalezza di una cantante che sperimenta una nuova coloritura. Alcune di queste parole le si trovano nelle sue lettere, altre le si trovano cambiate, arricchite di nuovi significati e pronunce inglesizzate, che forse solo i bilingue possono apprezzare. Molte parole triestine hanno radici nelle lingue delle molte culture che hanno vissuto a Trieste, che spesso incrociandosi producono suoni comici, che Joyce riporta. Pisdrùl, bubez e, ovviamente, mona. Parole che definiscono persone, racchiudono racconti, un po' come i logotipi che creo, che rappresentano persone, imprese, idee, oggetti e azioni.

Parolazze con due z, cosi senza ragione, perché un triestino non ammette regole serie.

Nascono per essere esposte all'Antico Caffè San Marco, il caffè dove Joyce era di casa.

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