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Torniamo alla tavola

Sovranità alimentare e cultura del cibo

Volume della collana LA POLITICA n. 2
Prezzo: €9,10 / Prezzo di listino: €13,00
SCONTO 30%
Formato: 175x245, 112 pagine / Marzo, 2013 / ISBN: 9788895146805
Autore: 
A cura di: 
Aldo Zancheta
Traduzione di: 
Gaia Capogna e Marinella Correggia

Il cibo non è solamente una serie di prodotti che possono essere impiegati per studi statistici o nutrizionali; è, allo stesso tempo, una forma di comunicazione, un insieme di immagini, un protocollo di usi, situazioni e comportamenti. Roland Barthes

Scrivono:
Teresa Alem Rojo 
Gualberto Machaca Mendieta
Silvia Pérez-Vitoria
Grimaldo Rengifo Vásquez
Aldo Zanchetta
 
Denutrizione e fame affliggono ancora in misura inusitata e crescente una parte degli abitanti della Terra, mentre l’altra parte, che sfugge a questo dramma, si alimenta in maniera sempre più degradata dal punto di vista della qualità del cibo ingerito. Il passaggio dall’agricoltura contadina tradizionale all’attuale produzione industriale non ha mantenuto le promesse e il “cibo” si è trasformato in “alimento”, impoverendo organoletticamente, biologicamente e spiritualmente le nostre tavole.
I tecnocrati delle istituzioni internazionali del settore o delle grandi corporations alimentari teorizzano una azzardata e puramente quantitativa sicurezza alimentare mentre i contadini, riuniti nella più  grande organizzazione della gente del campo di tutti i tempi, Via Campesina, presente in oltre 150 paesi, contrappongono loro il ben più adeguato concetto di sovranità alimentare.
Biodiversità contro monocultura, saperi locali distillati nel corso di innumerevoli generazioni contro esperimenti di laboratorio non verificati nel tempo: uno scontro decisivo per il futuro della vita degli esseri umani.
Le riflessioni che in questo libro ci giungono da due dei centri originari dell’agricoltura, il Messico e il Perù, patrie di oltre il 50% degli alimenti oggi consumati nel mondo, vanno però al di la di questo dilemma, sicurezza o sovranità e ci parlano di armonia e di rigenerazione alimentare, dove “l’essere umano esercita una funzione in armonia con gli altri esseri della pacha, la terra, nel mantenimento dell’equilibrio delle relazioni fra tutti gli esseri”.
 
L’idea di ri-collocare il cibo nella agri-cultura non si riferisce a coltivazioni, terra o agricoltura organica, anche se include tutto questo. Va al di là del movimento per un’agricoltura migliore dopo la Rivoluzione Verde, che sta raccogliendo consensi in molte parti del mondo. Si riferisce al modo in cui viviamo. Non ha niente a che vedere con un regime alimentare più sano o con migliori modelli di produzione e di consumo per motivi ecologici, economici o, anche, politici. Si tratta della gente, del recupero del significato di comunità, della creazione di nuovi spazi comunitari in ogni insediamento urbano o rurale.
Con la recinzione degli ambiti di comunità, la modernità ha isolato dalla società e dalla cultura una sfera autonoma, quella economica, e la ha collocata nel centro della politica e dell’etica. Andare al di là della società economica implica ripristinare vecchi ambiti comunitari o crearne di nuovi, reinserendo l’economia, per usare l’espressione di Polanyi, nella società e nella cultura, subordinandola così di nuovo alla politica e all’etica e marginalizzandola, ponendola al margine – che è, precisamente, quello che i “marginali” stanno facendo o almeno cercando di fare.
 

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