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“Una nuova crisi generale” è un testo di Giovanni Arrighi (1937 - 2009) pubblicato nel 1972-3 in quattro puntate su Rassegna comunista, organo del gruppo Gramsci. Non figura nell’accurata bibliografia che la Krieger School of Arts & Sciences della Johns Hopkins University dedica ad Arrighi. C’è invece l’edizione in lingua spagnola, pubblicata sui Quadernos Politicos nel 1976, e quella in lingua inglese pubblicata nel 1978 dalla New Left Review; ma entrambe sono versioni abbreviate rispetto all’originale, senza alcune parti che si riferiscono specificamente alla situazione italiana. La versione inglese ha un poscritto di Giovanni Arrighi, che viene pubblicato in questo volume in una traduzione italiana.
Il testo ha una valenza scientifica e politica, che Arrighi tiene a sottolineare in un colloquio con David Harvey, ricordando le circostanze in cui venne prodotto. “Gli articoli del 1972 sulla crisi del capitalismo si fondavano su scambi di questo tipo. Ai lavoratori veniva detto: “C’è la crisi economica, dobbiamo starcene tranquilli. Se continuiamo le lotte, la fabbrica verrà portata altrove”. Così i lavoratori ci chiedevano: “Siamo in crisi? E quali sono le conseguenze? Dobbiamo starcene buoni solo per questo?”. Gli articoli vennero concepiti all’interno di questa problematica, definita dai lavoratori stessi, che dicevano: “Dicci che cosa sta accadendo nel mondo esterno e che cosa ci dobbiamo aspettare”. Il punto di partenza dell’articolo era: “Le crisi hanno luogo sia che voi lottiate o no – non sono effetto della militanza operaia, o di “errori” nella gestione manageriale, ma sono alla base dell’accumulazione capitalistica stessa”. Quello era l’orientamento di partenza. Scrivevo agli inizi della crisi, prima che se ne riconoscesse l’esistenza. Divenne importante come schema di riferimento e mi è servito per monitorare negli anni quanto stava avvenendo. E ha funzionato abbastanza bene”.
Secondo Arrighi nel modo di produzione capitalistico l'accumulazione modifica la relazione antagonistica tra capitale e lavoro. Il capitale tendenzialmente aumenta la composizione tecnica e quella organica: fissa in misura crescente nei mezzi di produzione le abilità della forza lavoro e muove verso una crescente concentrazione. Il proletariato espropriato delle abilità lavorative perde capacità contrattuale sul mercato del lavoro, e acquista invece forza strutturale come conseguenza della concentrazione della sua componente attiva. Le crisi, endemiche e contingenti, emergono entro questi processi storici, e si manifestano in modo diverso a seconda del movimento del tasso di sfruttamento. Se si alza troppo vengono stimolati investimenti e competitività, finendo però col far diminuire il tasso medio di profitto. Se si abbassa troppo, viene aumentata la produzione di plusvalore, che però incontra difficoltà nella realizzazione.
La crisi che Arrighi sperimenta è di quest'ultimo tipo, e si manifesta quando il processo di concentrazione del capitale ha spinto la forza strutturale del proletariato attivo a dispiegare potenzialità rivoluzionarie, che si concretizzano nelle pratiche dell'autonomia operaia. Per evidenziare la specificità della situazione, raffronta questa crisi con quelle di fine '800 e degli anni '30.
Il testo del '72-3 ha anche la valenza storica di essere all'origine de Il lungo XX secolo, il lavoro pubblicato in inglese nel 1994 e in italiano nel 1996, tradotto in 15 lingue, con cui Giovanni Arrighi presenta la teoria dello sviluppo capitalistico basato sui cicli sistemici di accumulazione, e preannuncia la fine della storia del capitalismo con il tramonto dell'egemonia degli Stati Uniti.
“In quella [teoria delle crisi capitalistiche] c’era già l’idea del Lungo XX secolo, così come il libro era concepito originariamente all’inizio degli anni ’80. Era un riscrivere quegli articoli in un libro (…). Queste tre crisi - fine Ottocento, anni ’30, 1968-73 - con i periodi intermedi, formavano quello che già allora chiamavo ‘il lungo ventesimo secolo’ (…). Ma succede che le cose diventano più difficili: mi viene fatta la critica sulla limitatezza del periodo di analisi preso in esame, perché, se si va indietro nel tempo, si trovano altre ricorrenze di questo tipo”.
Con il lavoro su "Arrighi, Marx, il marxismo e il passaggio al Lungo XX secolo", che accompagna "Una nuova crisi generale", Giordano Sivini esamina il passaggio di Arrighi dall'impianto marxiano alla scuola sistemica dell'economia mondo. Giordano Sivini (Trieste 1936) è stato professore di sociologia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università della Calabria. Con Asterios ha pubblicato nel 2016 La fine del capitalismo, dieci scenari.