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Tutti gli osservatori e gli accademici di varie tendenze in passato si sono precipitati a sciorinare esternazioni superficiali e sociologiche sul boom economico del dopoguerra che avrebbe portato ricchezza e benessere ai lavoratori senza preoccuparsi minimamente di verificare se tale benessere, garantito anche dallo Stato, non sia stato semplicemente pagato dalla classe operaia come ogni merce o servizi forniti dal mercato. Ciò che mancava era un'analisi approfondita delle spese sociali, delle tasse pagate e dei contributi alle famiglie dei lavoratori, e una stima dei benefit netti ricevuti da queste ultime. Negli anni ‘80 ci siamo trovati di fronte ad una tendenza sempre più accentuata che porterà a tagli sempre più consistenti al welfare state grazie all’avvento dei governi conservatori negli USA, in Gran Bretagna e alle politiche neoliberiste nel resto dei paesi OCSE portate avanti anche da governi sedicenti “progressisti”. In seguito vi è stato un lungo periodo di politiche restrittive e di “sacrifici”, durante il quale gli studiosi si sono ben guardati dal fare un bilancio del periodo d’oro dove il keynesismo era la “pianta di ogni clima” e la socialdemocrazia (e tutti i cosiddetti progressisti) ricevevano sempre meno voti dai lavoratori che pretendevano di rappresentare.