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“Tutte le cose che sono, sono buone, e quel male, di cui cercavo da dove fosse, non è sostanza, perché se fosse sostanza, sarebbe bene”, afferma Agostino nelle Confessioni nel rifiutare la dottrina manichea in precedenza abbracciata, in questo modo rivendicando, con il nesso buono-sostanza, la piena conoscibilità del mondo.
La creazione — “il mondo non era, dove sarebbe stato creato, prima che fosse creato, affinché fosse” – è né più, né meno la libertà, la quale apre con ciò il tempo: “senza variazione dei moti i tempi non sono”. Cosicché se la libertà è l’irruzione del nuovo non determinato da nessuna concatenazione e solo essa irruzione origina la storia, quale conoscibilità umana è possibile del mondo e della storia? Prima ancora, quale spazio si apre alla libertà, dunque all’attività creatrice umana, oltre la residuale volontà negativa di omettere il bene? Che cosa di utile ci consegna, quella mossa metafisica?