La tesi sviluppata nel libro è che alla ferita può essere riconosciuto un profilo, a tutti gli effetti, fisiognomico. Funge da vero e proprio organo non solo recettivo, come un occhio che vede o un orecchio che ascolta, ma anche espressivo, come una bocca da cui viene lanciato un messaggio. Dispone, inoltre, di una memoria, nonché è il luogo dove si raccoglie e respira un’anima. Di grande importanza è, allora, entrare in un contatto empatico con essa, in quanto solo per questa via è possibile guadagnare la soglia di una più piena maturità affettiva, nonché far proprio il gesto della carità e del perdono, intercettando ed amando, attraverso la propria ferita, anche la fragilità e la ferita traumatica dell’altro.
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