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L’enorme libreria in legno massiccio, zeppa di libri di storia dell’arte, è in penombra, ma i raggi illuminano un paio di scaffali. Il sole, forse, le sta suggerendo oggi un testo da sfogliare, pensa divertita Marina, e ne prende uno, a caso: Shunga. L’arte erotica giapponese. Marina, soddisfatta della scelta, corre a sistemarsi sul divano in pelle, con il volume aperto in grembo. Ma più della lettura, sono le stampe a catturare la sua attenzione. Coiti e rapporti sessuali di ogni sorta, nelle posizioni più varie, relazioni sia di natura eterosessuale che omosessuale. Alcune tavole raffigurano persino rapporti sessuali con animali, come una stampa intitolata Sogno della moglie del pescatore, su cui Marina si sofferma a lungo, incantata dalla scena. Nella xilografia, realizzata ai primi dell’Ottocento da un artista di nome Hokusai, si vede una donna che viene posseduta da un grande polpo, mentre uno, più piccolino, le strizza il seno.
La vita, scriveva Oscar Wilde, imita l'arte molto più di quanto l'arte imiti la vita. E in effetti, è ciò che avviene in un Istituto giapponese di biologia marina, dove una giovane biologa italiana svolge un dottorato di ricerca sullo sviluppo della coscienza nei polpi. Un interesse, anzi un’autentica passione, nata in lei, ancora adolescente, con la scoperta dello shunga erotico di Hokusai noto come Sogno della moglie del pescatore. Tra scenari onirici e realtà, storia dell’arte e fantasia, dibattiti scientifici e citazioni letterarie, prende così il via un lungo, appassionante viaggio erotico nel suggestivo universo del tentacle sex.
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