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In una risentita missiva indirizzata alla madre allo scopo di esprimere il suo rifiuto della filosofia domestica che i genitori gli hanno imposto fin da piccolo (ora è prossimo ai diciotto anni), il protagonista racconta un sogno che da qualche tempo turba le sue notti e che ai suoi occhi costituisce una perfetta metafora della sua condizione esistenziale. “Sono un attore di professione” dice. “Il mio nome figura sulla locandina in programma ma io non ho studiato la parte, non ho fatto le prove, non ho neanche letto il copione, non so chi l’ha scritto ecc. Sono là tra le quinte e si fa sempre più vicino il momento di entrare in scena. E HO UNA PAURA FOLLE. Ebbene, siccome una regia intelligentissima governa tutti i sogni, immancabilmente mi sveglio nel momento in cui spinto dal buttafuori metto piede sul palcoscenico. Tutte le notti vivo quell’agonia tremenda e io so che quel palco è la mia vita della quale non so quelle cose importanti che ho appena detto: cos’è essa stessa, chi l’ha concepita, la parte che mi è assegnata ecc.”.
Siamo nello scorcio degli anni novanta del secolo scorso. Sono passati venti anni dalle ultime scaramucce delle lotte studentesche che sul finire degli anni settanta hanno messo a soqquadro le città universitarie del nord Italia. I genitori del protagonista – Avvocato e Tristana-marta – sono tra i reduci di quelle battaglie: le hanno combattute da giovani universitari con frenetica generosità e ora, fatta la pace con le ingiustizie del mondo, vivono con altrettanto fervore la loro vita dorata. L’ideologia domestica che hanno inoculato a Michele fin da piccolo si condensa nell’avvertimento: “Sta’ buono, fa’ i fatti tuoi e disturbaci solo l’indispensabile”. A sua volta nella metafora del sogno è condensato il profondo disagio esistenziale nel quale – isolato e smarrito – Michele conduce i suoi giorni.
Il romanzo è il racconto di tre giornate cruciali e forse in qualche modo decisive da lui vissute con il cuore in gola una volta che messo alla prova da un ennesimo scontro col padre e da un’ennesima dimostrazione di ironico e crudele distacco da parte della madre si trova a dover affrontare da solo il suo destino. Lo accompagnano nel suo inquieto cimento la maliziosa e invadente curiosità di Elena (cui si deve l’insinuazione di un oscuro sospetto) e l’amicizia discreta e piena di tatto di Martina che gli dà l’occasione di entrare in contatto con un mondo che prima d’ora non conosceva.