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IL SILENZIO È LA MIA LINGUA

Lettere a me stesso bambino

Volume della collana LE BELLE LETTERE n. 66
Prezzo: €19,00 / Prezzo di listino: €19,00
CON OMAGGIO A SCELTA UN VOLANTINO MILITANTE O UN DIARIO
Formato: 150X200, 160 pagine / Ottobre, 2022 / ISBN: 9788893132183
Traduzione di: 
SARINA REINA

Argyris Sfountouris non ha ancora compiuto quattro anni quando, il 10 giugno 1944, soldati delle truppe d’occupazione tedesca in Grecia, irrompono nel suo villaggio, incendiano le case e danno inizio a un eccidio che farà contare 218 vittime civili. Tra queste anche i suoi genitori. A settant’anni di distanza Sfountouris scrive Il Silenzio è la mia lingua, libro diviso in due parti indirettamente legate fra loro. La prima parte si compone di lettere che l’autore scrive a se stesso bambino e in cui ripercorre i drammatici anni successivi al massacro di Distomo, che lo videro ospite di orfanotrofi prima ad Atene e poi a Ekáli, fino al trasferimento a Trogen in Svizzera, presso un villaggio costruito appositamente per accogliere orfani di guerra da tutta Europa. La forma epistolare ben si presta a comporre un racconto autobiografico che oscilla tra lo sguardo dell’uomo adulto, ormai in grado di vedere l’orrore in tutta la sua portata, e gli occhi del bambino che vive una serie di bruschi distacchi e congedi definitivi con lo sgomento di chi è ancora troppo giovane per comprendere ciò che è accaduto. Nel colloquio con “il bambino che è in lui” ricordi incredibilmente vivi trasmettono l’intensità delle esperienze cruciali e il graduale affermarsi di una forza vitale che troverà nello studio della scienza il proprio sbocco.

La seconda parte del libro prende spunto dal discorso che Argyris Sfountouris è invitato a tenere a Brema nel 2015 in occasione del 23° anniversario dell’attentato di Mölln, avvenuto il 23 novembre 1992, quando due militanti neonazisti gettarono una serie di bombe Molotov all’interno di due edifici abitati da famiglie turche causando la morte di due bambine e della loro nonna. A partire dal ricordo dei fatti di Mölln, Sfountouris riflette sulla reazione che un simile atto, al pari dei crimini di guerra, provoca nei cittadini e sul compito dei sopravvissuti: in entrambi i casi si tratta di ferite inflitte all’intera società che vanno elaborate a livello collettivo – di qui il senso della commemorazione in quanto ricordo attivo, confronto con l’altro, esigenza di ricostruzione e comprensione profonda delle responsabilità. Un processo che, per quel che riguarda i crimini di guerra e la shoah, in Germania ha avuto luogo solo parzialmente. Sono considerazioni di grande attualità, accompagnate da riflessioni sul tema della xenofobia e sul concetto di società etica.

 

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